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testa a dignitari sceriffiani s’avvolgono ricchi turbanti la cui rezza ricamata ricade fastosamente sulle spalle e circonda il collo: ricordano vivamente nobili acconciature di mecenati raffigurati ai lati delle madonne del trecento. Questo popolo, così diverso da noi per l’aspetto e per l’anima, doveva essere una volta simile a noi.

Per chi ricerca nei viaggi le impressioni di esotismo e le emozioni della novità, la presenza degli europei in questo singolare mondo musulmano appare come una stonatura, una vera profanazione. È la prima impressione dei turisti i quali non si perdonano l’uno con l’altro d’incontrarsi per le vie di Tangeri, reciprocamente armati d’implacabili kodak, e deplorano la presenza degli alberghi nei quali vivono e delle Legazioni alle quali ricorrono. Ma quando s’incomincia a sentire più interesse per la vita che per l’apparenza della città, ci si accorge che l’elemento europeo costituisce un prezioso termine di paragone costantemente sotto ai nostri occhi per la nostra più grande meraviglia.

Sulla cima della Kasbah, l’antica fortezza, v’è una batteria di grossi cannoni Krupp, piazzati da pochi anni, i quali dominano il mare, affacciati su spalti moderni; fra le loro massicce piattaforme girevoli sono casamatte nuove piene di granate. Ma i cannoni sono coperti di ruggine, i ragni hanno intessuto le loro tele sulle membra di acciaio degli affusti, le bocche sono tutte piene di sassolini che i soldati vi gettano dentro per passare il tempo, le casamatte si sgretolano e superbe ficune selvaggie crescono sulle loro spalle. Quei cannoni non hanno mai sparato un colpo, e non potrebbero spararne; gli artiglieri si servono di loro come di sedili dai quali contemplare la baia — infatti il dorso è l’unica parte pulita dei cannoni. I soldati non salgono sugli spalti che per dire le loro preghiere rivolti all’Oriente, genuflessi sull’erba dei parapetti. Quegli uomini ignorano perfettamente la manovra dei pezzi, troppo moderni per loro benchè già antichi per noi; direi quasi che ignorano l’esistenza delle batterie; vivono insieme a quelle macchine da guerra senza guardarle; è notorio che essi mangiano coscienziosamente l’olio destinato