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(villaggio che i lettori conoscono già). Da sud vari confluenti scendono attraverso il piano a confidare le loro acque al Sebù; ma anche di essi la cosa più nota è il nome: hanno il pudore di non ammettere l’esplorazione del loro letto.
Ho premesso tutta questa topografia oroidrografica per dare un’idea approssimativa del paese attraversato. Immaginate dunque questi piani di Hallat, vasti come un mare, solcati da corsi d’acqua che li rendono fertili, paludosi, ricchi e insalubri.
Si gira a zig-zag per evitare pantani mascherati da superbe infiorescenze, pieni di tartarughe che sembrano ciottoli natanti, pantani canori per il gracidare incessante delle rane; si cerca la strada fra sterpi e rovi, fra erbe alte coronate di fiori, levando voli di pernici e di aironi; si va per ore ed ore nella solitudine assoluta, senza scorgere un villaggio, senza incontrare un uomo, temendo anzi d’incontrarne.
L’uomo è l’animale più temibile della creazione quando si trova in luoghi deserti.
Questo mare verde ha delle rive; catene di montagne si sollevano da tutti i lati, lontano, meno che a ponente, verso l’Oceano, dove l’orizzonte basso trema nel miraggio. Noi ci siamo diretti a sud-est prendendo come mèta un monte alto e regolare, vagamente simile al Vesuvio, lo Tselfat, il quale ci appariva nero contro fosche nubi temporalesche che s’addensavano a poco a poco saettandosi e rombando.
Una tenda solitaria biancheggiava fra i cespugli: era una nzala. I soldati, straccioni come i mendicanti, accoccolati sull’erba, intrecciavano cesti di vimini. Ci hanno chiesto l’elemosina. Dopo cinque ore di marcia abbiamo incontrato un’antica Kubba di marabù abbandonata, annerita dalle in temperie, mezzo demolita dal fulmine, assalita da quegli arbusti rampicanti che amano le rovine, culminata da un nido di cicogne. Poco dopo siamo entrati in un sentiero battuto — la strada di Rabat — serpeggiante sulla riva d’un fiume, l’Erdom, il quale viene da Mequinez e si getta nel Sebù in un luogo ancora ignoto. Su quelle sponde, bordate di cactus e d’aloe, abbiamo rivisto degli armenti al pascolo, e dei villaggi recanti traccie di recenti incendi.