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che un camminare lentissimo e penoso a giro di compasso. La fila dei prigionieri può essere così lasciata senza sorve glianza.

Quando anche tutti i loro desideri fossero uniti in un pensiero di fuga, i prigionieri non potrebbero percorrere cento metri in un’ora. Non v" è che l’uomo che resista a si mili martiri; qualsiasi altro animale della creazione ne mor rebbe. Tutte le volontà sono uccise; non esistono più degli uomini, ma un essere complesso e solo, un verme gigantesco che ha tanti piedi e tante mani, un mostro vile che si muove adagio adagio, che striscia sull’erba, ed ubbidisce alla voce d’un ragazzo incaricato di comandarlo. Macilenti, silenziosi, torvi, quegl’infelici mi guardavano con una indifferenza tragica. Vi era un negro che mostrava i denti come un cane. Uno fra loro, troppo basso di statura, aveva il mento sollevato dal collare, e i suoi due vicini, tirati in giù dalla catena, dovevano reclinarsi un po’ sopra di lui. Essi avevano per il loro compagno sguardi pieni di mi naccia.

I prigionieri si odiano fra di loro perchè ognuno è la privazione della libertà dell’altro. La loro ostilità non arriva a chi li ha incatenati: quella è la fatalità. Essi sentono solo di essere uno lo schiavo degli altri. Nel sonno e nella veglia non vedono che una tirannia, quella dei vicini. I delitti non