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di Tito Lucrezio Lib. II. 69

     Che per se stesse entro allo spazio vuoto
     Scendan le travi, e gli altri legni al basso.
     Ponno dunque in tal guisa anco le fiamme
     Dall’aria, che le cinge, in alto espresse
     290Girvi, quantunque per se stessi i pesi
     Si sforzin sempre di tirarle al basso.
     E non vedi tu forse al caldo estivo
     Le notturne del Ciel faci volanti
     Correr sublimi, e menar seco un lungo
     295Tratto di luce in qualsivoglia parte?
     Lor natura apre il varco. Il Sole ancora
     Quando al più alto suo meriggio ascende,
     L’ardor diffonde d’ogn’intorno, e sparge
     Di lume il suol: verso la terra dunque
     300Vien per natura anco l’ardor del Sole.
     I fulmini volar vedi a traverso
     Le grandinose piogge; or quindi, or quinci
     Dalle nubi squarciate i lampi strisciano;
     E caggion spesso anco le fiamme in terra.
305Bramo oltre a ciò, che tu conosca, o Memmio,
     Che mentre a volo i genitali corpi
     Drittamente all’in giù vanno pe ’l Vuoto,
     D’uopo è, ch’in tempo incerto, in luogo incerto
     Sian fermamente da’ lor proprj pesi
     310Tutti forzati a declinare alquanto
     Dal lor dritto viaggio: onde tu possa
     Solo affermar, che sia cangiato il nome.


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