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di Tito Lucrezio Lib. II. 61

     70Audacemente, e non apprezzan punto
     Nè dell’oro il fulgor, nè l’orgoglioso
     Chiaro splendor delle purpuree vesti,
     Qual dubbio avrai, che tutto questo avvenga
     Sol per mancanza di ragione? essendo
     75Massime tutto quanto il viver nostro
     Nell’ombre involto di profonda notte.
     Poichè siccome i fanciulletti al bujo
     Temon fantasmi insussistenti, e larve;
     Sì noi tal volta paventiamo al Sole
     80Cose, che nulla più son da temersi
     Di quelle, che future i fanciulletti
     Soglion fingersi al bujo, e spaventarsi.
     Or sì vano terror, sì cieche tenebre
     Scuoter bisogna, e via scacciar dall’animo,
     85Non co’ be’ rai del Sol, non già co’ lucidi
     Dardi del giorno a saettar poc’abili
     Fuorchè l’ombre notturne, e i sogni pallidi,
     Ma co ’l mirar della Natura, e intendere
     L’occulte cause, e la velata immagine.
90Su dunque, io prendo a ragionarti, o Memmio
     Come della Materia i primi corpi
     Generin varie cose, e generate
     Che l’hanno, le dissolvano, e da quale
     Violenza a far ciò sforzati sieno;
     95E qual abbiano ancor principio innato
     Di moversi mai sempre, e correr tutti