610Ma dalle sole cose il senso cava
Il passato, il presente, ed il futuro;
Nè può capirsi separato il tempo
Dal moto delle cose, e dalla quiete.
Nè dic’alcun che la Tindarea prole 615Da Paride rubata al Duce Argivo,
E ’l superbo Ilione arso e consunto
Forse parrà; ch’a confessar ne sforzi,
Che tai cose per se fossero al Mondo,
Mentre l’età trascorsa irrevocabile 620I secoli di quelli ormai n’ha tolto,
Che ad eventi sì rei furon soggetti;
Poichè di ciò che fassi, altro può dirsi
De’ paesi accidente, altro de’ corpi.
Che se stato non fosse il seme e il luogo, 625Onde si forma, e dove ha vita il tutto,
Non avrebbe giammai d’amore il foco
Per la rara beltà d’Elena acceso
Nel Frigio petto suscitar potuto
Il chiaro incendio di sì cruda guerra; 630Nè il gran destrier del traditor Sinone
Co ’l notturno suo parto avria distrutto
Della Nobil Città le mura eccelse.
Onde conoscer puoi, che l’opre altrui
Non son per sè conforme il Corpo, e ’l Vuoto; 635Ma più tosto a ragion debbon chiamarsi
O de’ corpi accidenti o de’ paesi.