Umide fansi, e le medesme ancora
Spiegate a’ rai del Sol tornano asciutte;
Ma nè come l’umore ivi si fermi,
Nè come fugga dal calor cacciato 425Mai scorse alcuno: egli si sparge adunque
In tante particelle, e sì minute,
Ch’a poterle vedere occhio non basta.
Anzi portate per molt’anni in dito
S’assottiglian l’anella. A goccia a goccia 430L’acqua d’alto cadendo i sassi incava.
L’adunco ferro del ritorto aratro
Rompendo i campi, occultamente scema.
Consuman per le strade i piè del volgo
Le durissime lastre, e per lo spesso 435Toccar di chi saluta, e di chi passa,
Le figure di bronzo, in sulle porte
De’ Templi sculte, la lor forma perdono.
E ben tai cose sminuir veggiamo
Consumate che son; ma di potere 440Scorger quai d’ora in or minime parti
Se ne vadan staccando, invidiosa
La Natura ne toglie. Al fin pupilla
Non v’ha, che scorga, ancorchè fissa, i corpi,
Che il tempo, e la Natura appoco appoco 445Danno alle cose, che da lor costrette
A crescer son con certo modo e legge:
Nè quei, che d’or’in or perde chiunque