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232 di Tito Lucrezio Lib. IV.

     O da spine, o da guscio, o da conchiglie,
     1340O peli, o piume, o lana, o penne, o squame
     E nell’interne ancor sedi penètra
     L’aer medesmo, e le percote, e sferza,
     Mentre da noi si attragge, e si respira:
     Ond’essendo le membra in varie guise
     1345Quinci, e quindi agitate, ed arrivando
     Pe’ fori occulti le percosse a’ primi
     Elementi del corpo, a poco a poco
     Nasce a noi per lo tutto, e per le parti
     Una quasi del senso alta ruina.
     1350Poichè turbansi ’n guisa i moti, e i siti
     De’ principj dell’anima, e del corpo,
     Che di quella una parte è fuor cacciata,
     Un’altra in dentro si ritira e cela,
     E un’altra vien ad esser per le membra
     1355Sparsa, e distratta un vicendevol moto
     Non puote esescitar; poichè natura
     I meati, e le vie chiuse le tiene.
     E quindi è poi, che variati i moti
     Sfuma altamente, e si dilegua il senso;
     1360E non v’essendo allor cosa, che possa
     Quasi regger le membra, il corpo langue,
     Caggion le braccia, e le palpebre, e tosto
     Ambe s’inchinan le ginocchia a terra.
     E dal pasto oltre a ciò creato il sonno;
     1365Perchè quel, che fa l’aria agevolmente,