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230 di Tito Lucrezio Lib. IV.

     1285Nè per cosa mirabile s’additi,
     Che sì tenui corpuscoli sian atti
     A girar sì gran corpo, e mover tutto
     Il pondo suo; mentre sì spesso il vento,
     Che pure anch’egli è di sottili e rari
     1290Atomi intesto, impetuosamente
     Move un vasto naviglio, e un sol piloto
     È possente a frenarlo, ancorchè voli
     Furioso per l’alto a piene vele;
     Purchè tosto, ove dee, giri il governo:
     1295Ed un solo architetto erger talora
     Suol con timpani, e taglie immensi pesi.
Or come il sonno per le membra irrighi
     La sicura quiete, e della mente
     Scioglia ogni affanno, io con soavi carmi,
     1300Più che con molti, di narrarti intendo.
     Qual più grato è de’ cigni il canto umile
     Del gridar, che le grue fan tra le nubi,
     Se i gran campi dell’aria austro conturba;
     Tu con acuto orecchio, e con sagace
     1305Mente m’ascolta, acciocchè poi non neghi
     Tutte quel, ch’io ti dico, e non disprezzi
     Con animo ostinato e ripugnante
     Le mie vere ragion, pria che l’intenda.
Pria si genera il sonno allor che l’alma
     1310Per le membra è distratta, e fuori in parte
     Cacciata esala, e in parte anco rispinta