Pagina:Lucrezio e Fedro I.djvu/254

226 di Tito Lucrezio Lib. IV.

     Modi s’avvolge, e se medesmo inganna.
     Succede ancor, che variando effigie
     Vadan gli spettri, onde chi prima apparve
     1180Femmina, in un balen maschio diventi;
     E d’una in altra etade, d’una in altra
     Faccia si muti, e che mirabil cosa
     Ciò non si stimi, il sonno opra, e l’obblio.
Or qui vorrei, che tu schivassi in tutto
     1185Quel vizio, in cui già molti hanno inciampato
     Cioè, che non credessi in alcun modo,
     Che sian degli occhi nostri i chiari lumi
     Creati per veder; nè che le gambe
     Nascan atte a piegarsi, acciocchè l’uomo
     1190Or s’inchini, or si drizzi, or mova il passo;
     Nè che le braccia nerborute e forti
     Date ne sian dalla natura, ed ambe
     Le man quasi ministre, onde si possa
     Far ciò ch’è d’uopo a conservar la vita;
     1195Nè l’altre cose simili, che tutte
     Son del pari a rovescio interpretate.
     Poichè nulla giammai nacque nel corpo,
     Perchè usar lo potessimo; ma quello,
     Che all’incontro vi nacque, ha fatto ogni uso.
     1200Nè fu prima il veder, che le pupille
     Si creasser degli occhi; e non fu prima
     L’arringar, che la lingua, anzi piuttosto
     Della lingua l’origine precesse