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di Tito Lucrezio Lib. IV. 219

     Quanto il suono, e la voce (io già tralascio
     Di dir, quanto l’effigie e i simolacri,
     990Che fiedon gli occhi, e fan veders’intorno)
     Poichè tardo si move e vagabondo,
     E talvolta perisce a poco a poco
     Per l’aereo sentier distratto e sparso
     Pria che giunga alle nari. E ciò succede
     995Principalmente, perchè fuori a pena
     Dall’imo centro delle cose esala;
     Che ben dall’imo centro uscir gli odori
     Mostra il sempre olezzar, più degl’interi,
     I corpi infranti stritolati ed arsi:
     1000Poi perch’eglì è di maggior semi intesto
     Della voce, e del suon, come vedere
     Lice a ciascun; perchè la voce, e il suono
     Penetra per le mura, ove l’odore
     Mai non penetra. Ond’eziandio si vede,
     1005Che non è così agevole il potere
     Rintracciar con le nari, ove locati
     Siano i corpi odoriferi, che sempre
     Più divien fredda ogni lor piaga e fiacca
     Per l’aure trattenendosi, e non giunge
     1010Calda al senso e robusta, e quindi spesso
     Errano i bracchi, e in van cercan la traccia.
Nè però negli odori, e ne’ sapori
     Ciò solo avvien; ma similmente è certo,
     Che non tutti i color, non delle cose