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204 di Tito Lucrezio Lib. IV.

     Par, che talmente, e le colonne, e gli atrj
     Girino anch’essi, che a gran pena omai
     585Credon, che sopra lor l’ampio edificio
     Di cader non minacci. E quando in cielo
     Già con tremulo crin l’alba apparisce,
     E la splendida giuba in alto estolle,
     Quel monte a cui sì da vicino il sole
     590Par, che sovrasti, e che da’ rai lucenti
     Del suo fervido globo arso ti sembra,
     Lungi appena è da noi due mila tratti
     Di freccia, anzi talvolta appena è lungi
     Sol cinquecento: e pur fra ’l sole, ed esso
     595Sai, che giaccion di mar pianure immense
     Distèse sotto vaste aeree piagge;
     E gran tratti di terra, in cui son varj
     Popoli, e d’animai specie diverse.
     L’acqua oltre ciò, che nelle pozze accolta
     600Per le vie lastricate in mezzo a’ sassi
     Ferma si sta, benchè non sia d’un dito
     Punto più alta; nondimeno a gli occhi
     Lascia tanto abbassar sotterra il guardo,
     Quanto l’ampie del ciel fauci profonde
     605S’apron lungi da noi, sicchè le nubi
     Veder ti sembra, e l’auree stelle, e ’l sole
     Splender sotterra in quel mirabil cielo.
     Tosto al fin, che si ferma in mezzo al fiume
     Il veloce cavallo, e chi si fissano