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di Tito Lucrezio Lib. IV. 185

70Se dunque io dico, che de’ corpi ognora
     Le tenui somiglianze e i simolacri
     Vengon dal sommo lor vibrati intorno,
     Questi da noi quasi membrane, o bucce
     Debbon chiamarsi; conciossiachè seco
     75Portin sempre d’immagini ’l sembiante,
     E la forma di quello, ond’esse in prima
     Staccansi, e per lo mezzo erran diffuse;
     E ciò quind’imparar, benchè alla grossa,
     Lice a ciascun. Pria, perchè molte cose
     80Vibran palesemente alcuni corpi
     Lungi da se, parte vaganti e sparsi,
     Come il fumo le querci, e le faville
     Il foco; e parte più contesti insieme,
     Come soglion talor l’antiche vesti
     85Spogliarsi le cicale allor che Sirio
     Di focosi latrati il mondo avvampa:
     O quale appunto il tenero vitello
     Lascia del corpo la membrana esterna
     Nel presepio, ove nasce: O qual depone
     90Lubrico sdrucciolevole serpente
     La spoglia infra le spine, onde le siepi
     Delle lor vesti svolazzanti adorne
     Spesso veggiamo. Or se tai cose adunque
     Si fanno, è ben credibile, che debba
     95Vibrar dal sommo suo qualunque corpo
     Di se medesmo una sottile immago.