Occupi nove jugeri, ma tutto 1475Il grand’orbe terreno; ei non per tanto
Non potrà sofferir perpetua doglia,
Nè porger del suo corpo eterno pasto.
Ma Tizio è quei, che dal rapace artiglio
D’amor ghermito, e lacerato, e roso 1480Dal crudo rostro d’ansiosa angoscia;
E quei, che per qualunque altro desio
Stracciano ad or ad or noje, e tormenti.
Sisifo in oltre io questa vita abbiamo
Posto innanzi a’ nostri occhi, e quello è desso, 1485Che dal popolo i fasci, e le crudeli
Securi aver desidera, e si trova
Sempre ingannato, onde si crucia ed ange:
Poichè impero bramar, che affatto è vano,
Nè mai può conseguirsi, e sempre in esso 1490Durare intollerabili fatiche,
Questo è voler lo sdrucciolevol sasso
Portar sulla più erta eccelsa cima
Del monte alpestre, ond’egli poi si ruoti
Di novo, e caggia in precipizio al piano. 1495Pascer sempre oltre a ciò l’animo ingrato
De’ beni di natura, e mai contento
Non empier, nè saziar la brama ingorda;
Qual allor che degli anni in se rivolti
Tornano i tempi, e ne rimenan seco 1500Varie, e liete vaghezze, e nuovi parti;