T’offende omai, per qual cagione; o stolto
Cerchi d’aggiunger più quel, che di novo 1395Dee malamente dissiparsi, e tutto
Perire a te nojoso? e non piuttosto
Fine alla vita, ed al travaglio imponi?
Conciossiacchè oggimai nulla mi resta,
Che macchinar per te, nè trovar posso 1400Cosa, che più ti piaccia. Il mondo è sempre
Lo stesso, e se per gli anni ancor non langue
Il corpo tuo; se per vecchiezza estrema
Non hai le membra affaticate e stanche,
Sappi, che nondimen ciò che ti resta 1405Sarà sempre il medesmo, ancorchè vivo
Stessi ben mille, e mill’etadi, ed anco
Mai per morir non fossi. E qual risposta
Dar potrem noi, se non che la natura
Giusta lite ne move, e il vero espone? 1410Ma chi più del dover s’ange, e lamenta
D’esser nato mortal, con più ragione
Non fia sgridato o rampognato in voce
Viepiù alta, e severa? Asciuga, o stolto,
Dagli occhi ’l pianto, e le querele affrena; 1415E se per troppa età vecchio e canuto
Altri si duol, tu pur godesti i premj,
Che la vita ne dà, pria che languissi.
Ma perchè sempre avidamente brami
D’aver quel, che ti manca; ed all’incontro