Pianga sè morto, o lacerato, od arso.
Conciossiachè se mal fosse morendo,
Che dall’avido rostro, o dall’ingorda 1315Bocca degli animai si divorasse
Dell’uomo il corpo, io non intendo il come
Duro non sia l’esser nel foco ardente
Arrostite le membra, o soffocate
Nel mele, o per lo freddo intirizzite 1320Poste a giacer d’una gelata selce
Sull’equabile cima, o per di sopra
Dal grave peso della terra infrante.
Ma nè l’albergo tuo vago, ed adorno,
Nè l’amata consorte omai potranno 1325Accoglierti, nè i dolci e cari figli
Corrert’incontro, e con lusinghe e vezzi
Prevenirti ne’ baci, e ’l core, e l’alma
Di tacita dolcezza inebriarti.
Più non potrai con onorate imprese 1330O di mano, o di senno, o in pace, o in guerra
Esser a te, nè a’ tuoi d’ajuto alcuno.
Povero te, povero te gridando
Vanno! un sol giorno, una sol’ora, un punto
Nemico a’ gusti tuo potrà rapirti 1335Della vita ogni premio; e taccion solo:
Nè desiderio alcuno avrai di queste
Cose, il che se co’ gli occhi della mente
Molto ben guarderanno, e seguitarlo