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166 di Tito Lucrezio Lib. III.

     Nulla dunque è la morte, e nulla all’uomo
     Appartenersi può, poichè mortale
     È l’alma: e come ne’ trascorsi tempi
     Nulla afflitti sentimmo, allor che il fiero
     1235Annibale inondò d’arme, e d’armati
     Del Lazio i campi, che squassato il tutto
     Da così spaventevole tumulto
     Di guerra, sotto l’alte aure dell’etere
     Tremò sovente, e fu più volte in dubbio
     1240Sotto qual di due popoli dovesse
     Cader l’impero universal del mondo;
     Tale appunto sentir nulla potremo
     Tostochè fra di lor l’anima, e ’l corpo,
     Dell’union de’ quai l’uomo è formato,
     1245Disuniti saranno. A noi per certo,
     Che allor più non saremo, accader nulla
     Più non potrà: non se confuso, e misto
     Fia con la terra il mar, co ’l mare il cielo.
Senzachè, se distratta omai del nostro
     1250Corpo la mente, e l’energia dell’alma
     Sentir potesse, non per tanto a noi
     Ciò nulla apparterrai perchè formati
     Siam d’anima, e di corpo unitamente.
     Nè se l’età future avranno i semi
     1255Nostri raccolti dopo morte, ed anco
     Di novo allo stess’ordine ridotti
     C’hanno al presente, onde ne sia concesso