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di Tito Lucrezio Lib. III. 163

     1150Nè da legno spicciar tepido sangue,
     Nè mai succo stillar da pietre alpine:
     Certo, ed acconcio è per natura il luogo,
     Ove cresca ogni cosa, ove dimori.
     Così dunque per se l’alma, e la mente
     1155Senza corpo giammai nascer non puote,
     Nè dal sangue vagar lungi, o da’ nervi;
     Poichè se ciò potesse, ella potrebbe
     Molto più facilmente, o nella testa
     Vivere, o nelle spalle, o ne’ calcagni,
     1160E nascer anco in qualsivoglia parte
     Del corpo, e finalmente abitar sempre
     Nell’uomo stesso, e nello stesso albergo.
     Onde poichè prefisso i corpi nostri
     Han per natura, ed ordinato luogo
     1165Ove distintamente o nasca, o cresca
     La natura dell’animo, e dell’anima;
     Tanto men ragionevole stimarsi
     Dee, che si possa generare il tutto
     Scevro dal corpo, o mantenersi in vita.
     1170Onde tosto che il corpo a morte corre,
     Mestier sarà, che tu confessi, o Memmio,
     Che ancor l’alma perì distratta in esso.
     Conciossiachè l’unire all’immortale
     Il caduco, e pensar, ch’ei possa insieme
     1175Operar, e soffrir cose a vicenda,
     È solenne pazzia; poichè qual altra


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