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di Tito Lucrezio Lib. III. 147

     Esce fuor di se stesso, i nervi stende,
     E si crucia, ed anela, ed incostante
     720Dibatte, e stanca in varie guise il corpo;
     Poichè del morbo la possanza allora
     Per le membra distratta agita e turba
     L’alma: e spuma, qual onda in salso mare,
     Se Borea il fiede impetuoso, ed Austro,
     725Gorgoglia e bolle: il gemito s’esprime
     Sol perchè punte dal dolor le membra
     Fan, che scacciati dalle voci i semi
     Escan per bocca avvilupati insieme:
     Nasce il deliro poi, perchè l’interna
     730Virtù dell’alma, e della mente allora
     Si turba, e com’io disssi, in due divisa
     Vien sovente agitata, a quinci e quindi,
     Dallo stesso velen sparsa, e distratta.
     Ma se il fiero accidente omai si placa,
     735E l’altro umor del già corrotto corpo
     Ne’ ripostigli suoi fugge e s’asconde;
     Prima allor vacillando in piè si rizza,
     E quindi in tutti appoco appoco i sensi
     Riede, e l’alma ripiglia. Or questa dunque,
     740Mentre chiusa è nel corpo, avrà da tanti,
     Morbi travaglio, e fia distratta, e sparsa
     In così varie, e miserande guise,
     E creder vuoi, che la medesma possa.
     Priva affatto del corpo all’aer aperto


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