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146 di Tito Lucrezio Lib. III.

     Bagna d’amare lagrime le gote.
     Ond’è pur d’uopo il confessar, che l’alma
     Perisce anch’ella; mentre in lei penètra
     Il contagio de’ morbi. E il duolo, e ’l morbo
     695Ambi del rogo a noi sono architetti;
     Come di molti l’esterminio insegna.
     In somma per qual causa allor che l’acre
     Violenza del vino ha penetrato
     Dell’uomo il corpo, e per le vene interne
     700E’ diffuso l’ardor, tosto ne segue
     Gravezza nelle membra? Il piè traballa,
     Balbutisce la lingua, ebra vaneggia
     La mente, nuotan gli occhi, e crescon tosto
     E le grida, e i singhiozzi, e le contese
     705E tutto ciò che s’appartiene a questo.
     O perchè ciò se non perchè la forza
     Violenta del vino entro lo stesso
     Corpo anco l’alma ha di turbar costume?
     Ma tutto quel, che da cagione esterna
     710Turbar si puote, ed impedir, ne mostra,
     Che s’egli fia da più molesto incontro
     Urtato, perirà restando affatto
     Della futura età priva in eterno.
     Anzi sovente innanzi a gli occhi nostri
     715Veggiamo alcun da repentino morbo
     Cader, quasi da fulmine percosso:
     Lordo ha il volto di bava; e geme, e trema,