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142 di Tito Lucrezio Lib. III.

     Ma compagna la segue agevolmente,
     E fuggendo per l’aure il corpo lascia
     585Nel duro freddo della morte involto.
     Ma quegli, a cui la mente illesa resta,
     Vivo rimane, ancorchè d’ogn’intorno
     Abbia lacero il corpo. Il tronco busto,
     Benchè tolte gli sian l’alma, e le membra,
     590Pur vive, e le vitali aure respira,
     E dell’alma in gran parte orbo restando.
     Se non in tutto, non per tanto in vita
     Trattiensi, e si conserva; appunto come
     L’occhio ritien la facoltà visiva,
     595Quantunque intorno cincischiato, e lacero,
     Finchè gli resta la pupilla intatta;
     Purchè tu l’orbe suo tutto non guasti,
     Ma tagli intorno al cristallino umore,
     E solo il lasci: conciossiachè farlo
     600Anco il potrai senza timore alcuno
     Dell’esterminio suo. Ma se corrosa
     Fia la pupilla, ancorchè sia dell’occhio
     Una minima parte, e tutto il resto
     Dell’orbe illeso, e splendido rimanga,
     605Tosto il lume tramonta, e buja notte
     N’ingombra. Or sempre una tal lega appunto
     Tien congiunti fra lor l’animo, e l’alma.
Or via, perchè tu, Memmio, intender possa,
     Che son degli animai l’alme, e le mensi