E’ nell’animo poi certo altro caldo,
Ch’ei piglia nello sdegno, allor che ferve,
E che per gli occhi torvi incendio spira:
V’è del freddo timor compagna eterna 425Molt’aura sparsa atta a produr nel corpo
L’orror di morte, e concitar le membra:
Ed evvi ancor quel placido e quieto
Stato dell’aria, che dall’uom si gode
Nel cor tranquillo, e nel sereno volto; 430Ma viepiù di calor si trova in quelli,
Che di cor son crudeli, ed iracondi
D’animo, e facilmente ardon di sdegno:
Qual sovra ogni altra cosa è la possanza,
E il furor degl’indomiti Leoni, 435Che gemendo e mugghiando orribilmente
Squarcian tal volta il petto, e più non ponno
In lor capir di sì grand’ira il flutto.
Ma le timide Cerve han più ventosa,
E più fredda la mente, e per le viscere 440Concitan viepiù presto aure gelate,
Che fan sovente irrigidir le membra.
Al fin d’aria più placida, e tranquilla
Vive il Gregge arator, nè mai soverchio
Dell’ira il turba la sfumante face, 445Di caligine cieca ombre spargendo;
Nè mai dal telo del timor trafitto
Gelido torpe; ma nel mezzo è posto