Tu di cose inventor; tu Padre sei;
Tu ne porgi paterni insegnamenti:
E qual succhiar da tutti i fiori il mele
Soglion le pecchie entro le piagge apriche; 20Tal io dalle tue dotte inclite carte
Gli aurei detti delìbo ad uno ad uno,
Aurei, e di vita sempiterna degni.
Che non sì tosto a sparger cominciossi
Il tuo parer, che dagli Dei creata 25Delle cose non sia l’alma natura,
Che dalle menti ogni timor si sgombra:
Fuggon del Mondo le muraglie, e veggio
Pe ’l Vuoto immenso generarsi il tutto;
De’ sommi Dei la maestà contemplo, 30E le sedi quietissime da venti
Non commosse giammai; nè mai coverte
Di fosche nubi, o d’atri nembi asperse,
Nè violate da pruine, o nevi,
O gel; ma sempre d’un sereno e puro 35Etere cinte, e d’un diffuso, e chiaro,
E tranquillo splendor liete, e ridenti.
Natura in oltre somministra all’uomo
Ciocchè gli è d’uopo, e la sua pace interna
Non turba in alcun tempo alcuna cosa; 40Nè più si mira a’ danni nostri aperto
L’Inferno, e scritte di sua porta al sommo
L’acerbe note di colore oscuro: