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di Tito Lucrezio Lib. II. 117

     Ne rimandino indietro, e sia maggiore
     Dell’acquisto la perdita. Che certo
     Forza è pur confessar, che dalle cose
     Spirin corpi, e si partano; ma denno
     1585Correrv’in maggior copia, infino a tanto
     Ch’elle possan toccar l’ultima, meta
     Del crescer loro; indi la forza adulta
     Si snerva appocco appoco, e sempre in peggio
     L’età declina; conciossiachè quanto
     1590Una cosa è più grande, ella per certo,
     Toltone l’augumento, ognor discaccia
     Da se tanti più corpi; e per le vene
     Sparger non puossi in sì gran copia il cibo,
     Che quanto è d’uopo somministri al corpo
     1595E ciò, che ad or ad or langue, e vien meno,
     Sia per natura a rinovar bastante.
     Dunque a ragion ciascuna cosa in tutto
     Perisce, allor che rarefatta scorre,
     E che soggiace alle percosse esterne;
     1600Poichè per lunga etade il cibo, al fine
     Manca senz’alcun dubbio, e mai non cessano
     Di martellar, di tormentar le cose
     Esternamente i lor nemici corpi,
     Finchè non l’hanno dissipate affatto.
     1605Così della gran macchina del mondo
     Le mura eccelse al fin crollate e scosse
     Cadranno un giorno imputridite e marcie,


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