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di Tito Lucrezio Lib. II. 103

     Rendergli poi del suo veleno infetti.
     Per questo in somma i genitali corpi
     1205Nel generar le cose il proprio odore
     Lor compartir non denno, o il proprio suono,
     Perchè nulla da lor puote esalare.
     Nè il sapor finalmente, o il freddo, o il caldo
     Per la stessa ragion, nè similmente
     1210Il tiepido vapor, nè gli altri corpi,
     Che son mortali, e per ciò tutti a questa
     Legge soggetti, che di molle i teneri,
     Di rozza gli aspri, e i porosi in somma
     Sian di rara sostanza, è d’uopo al certo,
     1215Che tutti sian da’ lor principj primi
     Diversi; se pur brami ad ogni cosa
     Assegnar fondamenti incorruttibili,
     Ove possa appoggiarsi ogni salute;
     Acciò per se tutte le cose al fine
     1220Non sian costrette a dissiparsi in nulla.
Or ciò che senti, nondimeno è d’uopo
     Che di semi insensibili formato
     Si confessi da te; nè pugna il senso
     Contro questo, ch’io dico: anzi egli stesso
     1225Quasi per mano ad affermar ne guida;
     Che vero è pur, che gli animai non ponno,
     Se non che d’insensibili principj
     Nascer giammai; poichè veder ne lice
     Sorger dal tetro sterco i vermi vivi,


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