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di Tito Lucrezio Lib. II. 81

     610Nè con punte ritorte affatto adunchi;
     Poichè più tosto han gli angoletti loro
     In fuori alquanto, e che più tosto ponno
     Solleticar, che lacerare il senso:
     Qual può dirsi la feccia, ed i sapori
     615Dell’Enula campana: e finalmente
     Che la gelida brina, o ’l caldo foco
     Tentati in varie guise, in varie guise
     Pongono il senso, a l’un, e l’altro tatto
     Chiaro ne porge, e manifesto indizio;
     620Pasciachè il tatto, il tatto, oh Santi Numi!
     Senso è del corpo, o quando alcuna cosa
     Esterna lo penetra, o quando nuoce
     A quel, che gli è nativo, o fuori uscendo
     Ne dà Venereo genital diletto;
     625O quando offesi entro a lui stesso i semi,
     Ed insieme commossi ed agitati
     Turbano i nostri sensi, e gli confondono,
     Come potrai sperimentar tu stesso,
     Se talor con la man percoti a caso
     630Del proprio corpo qualsivoglia parte:
     Ond’è mestier, che de’ principj primi
     Sian pur molto fra lor varie le forme,
     Che varj sensi han di produr possanza.
     Al fin le cose, che più dure, e dense
     635Sembrano a gli occhi nostri, è d’uopo al certo,
     Ch’abbiano adunchi i proprj semi, e quasi

            di Tito Lucr. Caro T. XXII.    F