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di Tito Lucrezio Lib. II. 73

     Ha possanza, e d’ostarle, al cui volere
     395Dell’istessa materia anch’è la copia
     Talor forzata a scorrer per le membra,
     E diffusa si frena, e torna indietro:
     Per la qual cosa confessar t’è forza,
     Che questo istesso a’ primi semi accaggia,
     400E ch’offre a’ pesi, alle percosse, a gli urti
     Abbian qualch’altra causa i moti loro;
     Onde poscia è con noi questa possanza
     Nata, perchè giammai nulla del nulla
     Non poter generarsi è manifesto;
     405Che vieta il peso, che per gli urti il tutto
     Formato sia quasi da forza esterna.
     Ma che la mente poi d’uopo non abbia
     Di parti interiori, ond’ella possa
     Far poi tutte le cose, e vinta sia
     410A soffrire, a patir quasi costretta,
     Ciò puote cagionar de’ primi corpi
     Il picciol deviar dal moto retto.
     Nè mica in luogo certo, o in certo tempo,
     Nè fu giammai della materia prima
     415Più stivata la copia, o da maggiori
     Spazj divisa; poichè quindi nulla
     S’accresce, o scema, onde in quel moto, in cui
     Son ora i primi corpi, in quel medesimo
     Furono ancor nella trascorsa etade,
     420E fien nella futura; e tutto quello,