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84 di Tito Lucrezio Lib. VI.

     Spesso invan dentro al petto agita, e volge
     Di nojosi pensier flutti dolenti.
     45Poichè siccome i fanciulletti al bujo
     Temon fantasmi insussistenti, e larve;
     Tal noi sovente paventiamo al sole
     Cose, che nulla più son da temersi
     Di quelle, che future i fanciulletti
     50Soglion fingersi al bujo, e spaventarsi.
     Or sì vano terror, sì cieche tenebre
     Scuoter bisogna, e via scacciar dall’animo,
     Non co’ bei rai del sol, non già co’ lucidi
     Dardi del giorno a saettar poc’abili
     55Fuorchè l’ombre notturne, e i sogni pallidi;
     Ma co ’l mirar della natura, e intendere
     L’occulte cause, e la velata immagine;
     Ond’io viepiù ne’ versi miei veridici
     Seguo la tela incominciata a tesserti.
60E perchè t’insegnai, che i tempi eccelsi
     Del mondo son mortali; e che formato
     È il ciel di natìo corpo; e ciò che in esso
     Nasce, e mestier fa, che vi nasca, al fine
     Per lo più si dissolve; or quel, che a dirti
     65Mi resta, o Memmio, attentamente ascolta.
     Poichè al salir su ’l nobil carro a un tratto
     Incitar mi poteo l’alta speranza
     Di famosa vittoria; e ciò che il corso
     Pria tentò d’impedirmi, ora è converso