Egli a’ Numi immortali opre sì fatte
Diede, e lor l’ire aggiunse, le vendette!
Quanti, oh quanti esso allor pianti a se stesso, 1775Quante a noi piaghe acerbe, e a’ minor nostri
Quante, e quai partorìo lagrime amare?
Nè punto ha di pietà, che il sacerdote
Spesso velato il crin verso una sorda
Statua per terra si rivolga, e tutti 1780Corrano al sacro altar; nè, ch’ei s’inchini
Prostrato al suolo, e tenda ambe le palme
Innanzi al tempio a i Numi sacro, e l’are
Di sangue di quadrupedi animali
Sparga in gran copia, e voti aggiunga a i voti. 1785Anzi è somma pietade il poter tutte
Mirar le cose, e con sereno ciglio,
E con placido cor: che mentre ergendo
Gli occhi, ammiriam del vasto mondo i templi
Celesti alti e superni, e l’Etra immobile 1790Tutt’ardente di stelle, e viene in mente
Dell’aureo sole, e della luna il corso;
Tosto dagli altri mali oppresso anch’egli
Quel nojoso pensier di mezzo al petto
Il già desto suo capo al cielo estolle; 1795E qual forse gli Dei potere immenso
Abbiano occulto a noi, che in varie guise
Ruoti i candidi segni, egro sospira.
Posciachè il dubbio cor dall’ignoranza