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62 Di Tito Lucrezio Lib. V.

     Cose vedean per le campagne apriche
     Deporre ogni acerbezza, e maturarsi:
     Onde quei, che più scaltri eran d’ingegno,
     1640Mostrar con cibi novi in varj modi
     Cotti, e conditi, ogni dì più inventandone,
     Come l’antico vitto, e la primiera
     Vita aspra, e rozza in delicata, e molle
     Già mutar si potesse. I regi intanto
     1645Cominciaro a fondar cittadi, e rocche
     Per lor refugio; indi gli armenti, e i campi
     Divisero; e secondo il proprio merto
     Di beltà, di valor, d’ingegno, e d’arte
     Gli assegnaro a ciascun, che molto allora
     1650La bellezza era in pregio; e valea molto
     La forza: il mio, e il tuo quind’inventossi;
     E l’oro si trovò, che facilmente
     A’ più vaghi di faccia, e a’ più robusti
     Di membra ogni onor tolse; e gli uni, e gli altri
     1655Sottomesse a’ più ricchi ancorch’indegni.
Che se regger sua vita altri bramasse
     Con prudenza, e con senno, è gran tesoro
     Per l’uomo il viver parco allegramente:
     Che penuria giammai non fu del poco
     1660In luogo alcun; ma desiar gli sciocchi
     D’esser chiari, e potenti, acciò ben ferma
     Fosse la lor fortuna, a stabil base
     Quasi appoggiata, e per poter mai sempre