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di Tito Lucrezio Lib. V. 55

     Notte l’aere ingombrasse eternamente
     Spenti i raggi del sol; ma vie maggiore
     1450Noja prendean, che gli animai selvaggi
     Spesso infesta rendeano, e perigliosa
     La quiete, e il sonno a gli infelici: ond’essi
     Dalle grotte cacciati, i tetti loro
     Fuggian smarriti, o pe ’l venir d’un fiero
     1455Spumifero cignale, o d’un robusto
     Leone; e nella notte intempestiva
     Solean tremanti a gli ospiti crudeli
     Cedere i letti lor stesi di fronde.
Nè molto allor, più ch’al presente, il dolce
     1460Lume del viver fuggitivo, e frale
     Perdean piangendo i miseri mortali.
     Che sebben, più che adesso, allor ciascuno
     Da’ selvaggi animai colto improvviso
     Pasti vivi porgea per divorarsi
     1465Da’ fieri denti, il bosco, il monte, e tutta
     Intorno empia di gemiti, e di strida
     La selvosa foresta, in viva tomba
     Seppellir vive viscere veggendo:
     E sebben chi trovava alcuno scampo,
     1470Tenendo poi su’l già corroso, e guasto
     Corpo, e sulle maligne ulcere tetre
     Le man tremanti, in voce orrenda, e fiera
     Solea chiamar la morte, infin che spento
     Da sozzi ingordi vermini crudeli


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