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di Tito Lucrezio Lib. V. 49

     Dell’util, che ne danno. Or quei, ch’alcuna
     1285Non ebber di tai cose, onde potessero
     Viver per se medesmi, o di qualche utile
     Essere all’uman germe, e per qual causa
     Tollerar si dovea, ch’e’ si nutrissero
     Per nostro mezzo; o dal furor nemico
     1290Fosser guardati? Essi giaceano adunque
     Preda, e pasto degli altri entro i fatali
     Lor nodi avvolti, insin che tutti al fine
     Fur quei germi malnati affatto estinti.
Ma nè visser già mai centauri al mondo,
     1295Nè con doppia natura, e doppio corpo
     Pon di membra straniere in un congiunte
     Formarsi altri animai, se quinci, e quindi
     Pari a pari energia non corrisponde:
     E ciò quind’imparar lice a ciascuno,
     1300Sia quantunque d’ingegno ottuso, e tardo.
     Pria, fiorisce il cavallo agile, e forte
     Poco dopo i tre anni; e allor bambino
     Tenero è l’uom, mentre per anco il petto
     Palpa toccando alla nutrice, e tenta
     1305Suggerne il dolce latte. Allor che manca
     Per l’età già cadente il consueto
     Vigor dell’uno, e che dal corpo infermo
     Languida, e dalle membra oppresse e stanche
     Gli s’invola la vita, allor appunto
     1310Veggiam, che all’altro in sul fiorir degli anni

            di Tito Lucr. Caro T. II.    D