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di Tito Lucrezio Lib. V. 43

     Fra gli ardenti suoi raggi, e gli occhi nostri
     L’orbe suo cieco? e nel medesmo tempo
     Far non può questo istesso un altro corpo,
     1125Che scorra il ciel, sempre di lume ignudo?
     E chi toglie anco al sol, che in certo tempo
     Non lasci i fochi suoi languidi, ed anco
     Restauri ’l lume, allor che i luoghi infesti
     Alle fiamme ha trascorsi atti ad estinguerle
     1130Tra via per l’aure, e dissiparle affatto?
     E perchè può la terra anche a vicenda
     Spogliar la luna di splendore, e il sole
     Sovra oppresso tener, mentre in un mese
     Scorre della piramide terrestre
     1135L’ombre rigide, e dense; e nello stesso
     Tempo opporsi non può qualch’altro corpo
     Al suo lucido globo, o sotto l’orbe
     Scorrer del sole, e il lume suo profuso
     Esser atto a celarne, e i vivi raggi?
     1140O pur se la medesima rifulge
     Del suo proprio splendor, perchè non puote
     Languir del mondo in qualche certa parte,
     L’aure passando al lume suo nemiche?
Nel resto, conciossiach’io t’ho risolto,
     1145Come nel vasto mondo, e per l’immenso
     Spazio si possa generare il tutto;
     E come i varj moti, e i vari cerchj
     Della luna, e del sol da noi sapersi