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34 di Tito Lucrezio Lib. V.

     Pria confuso n’appar, che scopra affatto
     880Gli ultimi tratti. Ond’è pur d’uopo ancora,
     Che poichè chiara e certa, e come appunto
     Dall’estremo suo limbo è circoscritta,
     N’appar la luna, ella di quinci in alto
     Tanta appunto, quant’è, da noi si scorga.
     885Al fin qualunque fiamma in ciel tu miri
     (Poichè qualunque fiamma in terra splende
     Mentre l’aria scintilla, e l’aureo lume
     Ne mostra il proprio termine, assai poco
     Si vede) apprender puoi, ch’ella è minore
     890Poco, o maggior, di quel ch’appare al senso.
Nè punto dee maravigliarsi alcuno,
     Che sì picciolo sol lume sì grande
     Vibri, che il mare, e il ciel vasto, o la terra
     Irrighi, e sparga di calore il tutto;
     895Poich’esser può, che quinci aperto un solo
     Fonte di tutto il mondo in larga vena
     Sorga, e da tutti i mondi eternamente
     Scaturisca un sol fiume, ove in tal guisa
     Del calor della luce i genitali
     900Semi concorran d’ogn’intorno, e dove
     S’aduna il gruppo in guisa tal, che n’esce,
     Quasi da proprio suo fonte perenne,
     Questo lume, ed ardor. Forse non vedi
     Quanto ancor largamente i prati irrighi
     905D’acqua un picciol ruscello, e i campi allaghi?