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di Tito Lucrezio Lib. V. 33

     Da terra, ed avvezzarlo agile e pronto
     Al salto, al nuoto, alla palestra, e al corso
     Finalmente potria, fuorchè dell’alma
     855Il debile vigor, che il frena e regge?
     Vedi tu dunque omai, quanto possente
     Riesca un tenue corpo, allorch’unito
     Viene ad un grave; in quella guisa appunto,
     Che son l’aure alla terra, e l’alma all’uomo.
     860Nè maggiore, o minor molto è del sole
     L’orbe, e l’ardor, di quel che pare al senso:
     Che sia pur, quanto vuoi, lungo lo spazio,
     Onde luce, e calor vibrano i fochi;
     Ei però nulla toglie, e nulla rade
     865Dal corpo delle fiamme, e null’affatto
     Stringer si mira, o raccorciarsi ’l foco.
     Quindi perchè del sol la fiamma, e il lume
     Lanciato arriva a’ nostri sensi, e puote
     Tutta del suo color tinger la terra,
     870Dee da terra il suo globo anco apparirne
     Tal, che veracemente alcun non possa
     Crescerlo, o sminuirlo. Anco la luna,
     O con luce non sua vaghi e passeggi
     Dell’Etra i campi, o per se stessa il lume
     875Vibri, checchè ne sia, punto maggiore
     Non è, di quel ch’ella si mostra all’occhio:
     Poichè fissando di lontano il guardo
     Per molt’aer frapposto, ogni altro corpo

            di Tito Lucr. Caro T. II.    C