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di Tito Lucrezio Lib. V. 31

     O pur scorre d’altronde; e per di fuori
     L’aer da qualche parte agita e mesce
     800Gli eterei fuochi: o ch’essi stessi ponno
     Serper là, ’ve gli chiama ove gl’invita
     D’ognuno il proprio cibo; e mentre a volo
     Se ne van per lo cielo, esca, e ristoro
     Porgono a’ vasti lor corpi fiammanti:
     805Posciachè l’asserir, qual delle addotte
     Cause sia vera in questo nostro mondo
     È difficile impresa. A me sol basta
     Il dir ciò ch’esser puote, e che succede
     Per l’universo in varj mondi in varie
     810Guise creati, e delle stelle a i moti
     Piacemi l’assegnar varie cagioni,
     Che possibili sian per l’universo,
     Delle quai non pertanto una esser debbe
     Quella, ch’a gli aurei segni i movimenti
     815Porga. Ma l’affermar, qual sia di queste,
     Opra non è di chi cammina al buio.
Acciò poi che la terra entro il più cupo
     Centro stia ferma, è di mestier, che sfumi
     Il pondo, e manchi a poco a poco, e sotto
     820Abbia un’altra natura a se congiunta
     Fin da principio, e strettamente unita
     Con le molli del mondo aeree parti,
     Alle quai vive inserta; e quindi all’aure
     Non è di peso, e non lo preme, e calca: