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16 di Tito Lucrezio Lib. V.

     Dal sol continuo, e stritolata e infranta
     395Dalla forza de’ piè, sfuma di polve,
     Nebbie, e nubi volanti, che per tutto
     L’aere da’ venti son disperse e sparse:
     Parte ancor delle glebe a forza è data
     Dalle piogge alla piena, e rase e rose
     400Son da’ fiumi le rive anch’esse in parte.
     In oltre, sminuito è dal suo canto
     Ciò ch’altri nutre: e perchè dubbio alcuno
     Non v’ha, che sia madre del tutto, ed urna
     Anche, e sepolcro universal del tutto,
     405Rosa è dunque la terra, e si rintegra.
Nel resto, che i torrenti, i fiumi, e il mare
     Abbondin sempre d’umor nuovo, e sempre
     Stillin chiaro liquor le vive fonti,
     Mestier non ha d’alcuna prova: appieno
     410Certamente il dimostra il lungo corso
     Dell’acque. E pria ciò che dall’acque in alto
     Ergesi, e brevemente, opra, che nulla
     Cresca il liquido umor più che non deve
     Parte, perchè da’ venti, allor che irati
     415Volgon sossopra il mar, per l’aure è sparso
     E dal sol dissipato: e parte ancora,
     Perch’egli a tutti i sotterranei chiostri
     Vien largamente compartito; e quivi
     Lascia il salso veleno, e di novo anche
     420Sorge in più luoghi, e tutto al fin s’aduna