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206 Lib. III. Fav. XVI.

     Che l’altra, che ver me giacente, e infermo,
     Cortese (a pietà mossa) si dimostra?
     20Non da necessitade di natura,
     Ma da bontade i Genitor’ ravviso.
          * Che l’uom riman da benefizj avvinto,
     Non da le leggi, il mio racconto addita.


FAVOLA   XVI.

La Cicala, e la Civetta.

SOvente avvien, che lo scortese il fio,
     Che sua alterezza meritogli incontri.
          * Con dispettoso canto a una Civetta,
     Che sol di notte va di cibo in cerca,
     5E in qualche cavo tronco dorme il giorno,
     Toglieva il sonno un’incivil Cicala.
     Se pregata è a tacer, ella più stride;
     Dan nuove preci nuova lena al canto;
     Sicchè non v’esser scampo, e sue parole
     10Dispregiarsi, veggendo la Civetta,
     A la frode rivolta sì le parla.
     Giacchè il tuo dolce armonioso canto,
     Tal che di Febo udirmi sembra il plettro,
     Dormir mi vieta, il nettare vo’ bere,
     15Che testè diemmi Palla. Se t’è a grado,
     Vieni che il beveremo. La Cicala,