Con orrendo fragor cadere il mondo.
Del che pria ch’io gli oracoli futuri 180Prenda a svelar molto più santi e certi
Di quei, ch’è fama che dal sacro Lauro
Di Febo, e dalle Pitie ampie cortine
Uscisser già, se no ’l ricusi, io voglio
Porgerti ’n brevi sì, ma però saggi 185Detti un lungo conforto; acciò che forse
Dalla Religion tenuto a freno
A creder non ti dia, che ’l cielo, il mare,
La luna, il sole, il terren globo, e tutte
L’auree stelle vaganti, e gli astri immobili 190Abbian corpo immortal santo e divino
E che giusto però sia, che coloro,
Che del mondo atterrar le mura eccelse
Co’ gli argomenti lor bramano, e tanto
Osan che fin d’Apollo i rai lucenti 195Smorzar vorriano, ed oscurar notando
Con mortal lingua gl’Immortali e Divi,
Qual nuovi al ciel nemici empj Giganti,
Del temerario ardir paghino il fio.
Ma vadan pur sì fatte cose in bando 200Dalla divina Maestà sì lungi,
E si stimin sì vili, e tanto indegne
D’esser ascritte in fra gli eterni Dei,
Che piuttosto dagli uomini credute
Sian di moto vital prive, e di senso.