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Lib. III. Prologo. 191

     10Fia dunque allor che tu a mie baje attenda,
     Quando te da gli affari a se richiami
     E moglie a casa, e amici; e il corpo stanco,
     E la mente da mille cure oppressa
     Giusto sollievo, e brieve ozio richiegga;
     15Da cui più franco al primo oprar ritorni?
     Altro impiego deh prendi, altri costumi,
     Se de le Muse a’ liminari aspiri.
     Io che pur nacqui su l’Aonio giogo,
     U’ diè a la luce l’alma Dea Memnosine
     20Di nove figlie il nobil Coro a Giove,
     E chiara lode ottenni da tai studj,
     Ove i natali in certa guisa io trassi;
     Io cui brama d’aver unqua non prese,
     Ne la sacra famiglia a stento, e appena,
     25Mi veggio ammesso. E che avverrà a colui,
     Che purchè a l’oro altro nuovo oro aggiunga,
     Cui più del letterario acquisto apprezza,
     Nulla cura il vegliar le notti intere?
     Ma comunque sia questo, come a Priamo
     30Disse Sinon, condotto a lui davanti,
     Il terzo Libro de le mie Novelle,
     Ove Esopo a seguir industre impresi,
     Al merto ed onor tuo scrivo, e consagro,
     Mel recherò, se il leggi, a gran ventura!
     35Se no, diletto i posteri n’avranno.
     Or brievemente qual’origin trasse