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184 Lib. II. Fav. IV.

     Ripiena di timor, s’intana e asconde;
     20Indi pian piano a la campagna uscendo,
     Giunta la notte, del trovato cibo
     Largamente se stessa, e i figli pasce:
     Qual timida il dì tutto osserva, e guata.
     L’Aquila intanto paurosa stassi
     25Su gli alti rami ad osservar la Scrofa.
     Questa, i figli perchè non le sien tolti,
     De la tana non esce. Indi ambe, e i figli
     Di pura fame morti, a’ suoi Gattucci,
     Lauto convito l’empia Gatta appresta.
          30* Stolta credulità quinci comprenda,
     Un frodolento qual ruina apporti.


FAVOLA   V.

Cesare al custode dell’Atrio.

CErta di Faccendier’ razza evvi in Roma,
     Che nulla fa, e in mille cure immersa,
     Qua e là senza ragion corre affannosa,
     Onde reca a se pena, onta ad altrui.
     5E difficil’ impresa; pur m’accingo
     Con non finto racconto ad emendarla:
     E degno è ben che orecchio gli si appresti.
          * Nel viaggio, che fe’ Tiberio a Napoi,
     A la sua Villa di Miseno giunto,