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di Tito Lucrezio Lib. V. 3

     Spaventoso leon? Quale il Cretense
     Tauro, o l’Idra di Lerna orrida peste
     45Di cento serpi velenose armata?
     O qual già mai la triplicata forza
     Del Tergemino Mostro? O quale in somma
     Di Diomede i destrier, che per le nari
     Spiravan foco alle Bistonie terre,
     50Ed all’Ismaro intorno? O per l’adunche
     Lor ungne i già tremendi Arcadi augelli
     Di Stinfalo abitanti? O il sempre desto
     Angue di forza, e di statura immane,
     Il qual con ceffo irato e bieco sguardo
     55Negli orti dell’Esperidi donzelle
     Fu custode de’ pomi aurei lucenti
     Al tronco stesso avviticchiato intorno?
     Ed a chi nocerebbe il mar vicino
     All’Atlantico lido, ed il severo
     60Pelago immenso, ove de’ nostri alcuno
     Non giunse, e tanto il Barbaro d’ardire
     Non ha, che girvi osasse? Ogni altro mostro
     Simile ai già narrati a morte spinto
     Dal forte, invitto e glorioso Alcide,
     65Benchè morto non fosse, e di che danno
     Vivo al fin ne saria? Di nullo al certo,
     Se dritto è il mio giudizio: in così fatta
     Guisa di belve ancor pregna è la terra,
     E di gelido orror colma, e di tema


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