Tai, che il cavo dell’uno al pien dell’altro
S’adatti insieme; uniti ottimamente 1585Stanno; ed anch’esser può, ch’abbiano alcuni,
Altri principj lor, quasi in anelli
Curvati, e a foggia d’ami, e quindi accaggia,
Che s’avvinchin l’un l’altro, il che succedere
Dee, più che a nulla, a questa pietra, e al ferro. 1590Or qual sia la cagion, che i fieri morbi
Reca, ed onde repente, appena insorto,
Possa il cieco velen d’orrida peste
Strage tanto mortifera all’umano
Germe arrecar, non che a gli armenti, e a’ greggi, 1595Brevemente dirotti. In prima adunque
Sai, che già t’insegnammo esser vitali
All’uom molti principj; ed all’incontro
Morbo anche molti cagionare, e morte.
Questi poi che volando a caso insorti 1600Forte il ciel conturbar, rendono infetto
L’aere, e quindi vien poi tutto il veleno
De’ morbi, e del contagio, o per di fuori
Come veggon le nuvole, e le nebbie
Pe ’l ciel cacciate dal soffiar de’ venti; 1605O dalla stessa terra umida, e marcia
Per piogge, e soli intempestivi insorto
Spira, e vola per l’aria, e la corrompe.
Forse non vedi ancor tosto infermarsi
Per novità di clima, e d’aria, e d’acqua