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di Tito Lucrezio Lib. VI. 135

     Le carni, e il cuojo, e in un le accoglie, e stringe.
     L’acqua, il ferro, e l’acciar tratto dal foco
     Indura, ed al calor le carni, e il cuojo
     Indurato ammolisce. Alle barbute
     1425Capre sì grato cibo è l’oleastro,
     Che quasi asperso di nettareo succo
     Par, che stilli d’ambrosia; ove all’incontro,
     Nulla è per noi più di tal fronde amaro.
     Timido al fin l’Amaracino, e tutti
     1430Fugge gli unguenti il setoloso porco;
     Perchè spesso è per lui crudo veleno
     Quel, che co ’l grato odor sembra, che l’uomo
     Talor ricrei; ma pe ’l contrario il fango
     A noi spiacevolissimo, a gl’immondi
     1435Porci è sì dilettevole, che tutti
     Insaziabilmente in lui convolgonsi.
Rimane ancor da dichiararti innanzi,
     Che di ciò, ch’io proposi, io ti ragioni:
     Che avendo la natura a varie cose
     1440Molti pori concesso, egli è pur forza,
     Che sian tra di lor diversi, e ch’abbian tutti
     La lor propria natura, e le lor vie.
     Poichè son gli animai di varj sensi
     Dotati, e ciascun d’essi in se riceve
     1445Il suo proprio sensibile: che altrove
     De’ succhi penetrar vedi ’l sapore,
     Altrove il suono, e ancor l’odore altrove.


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