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134 di Tito Lucrezio Lib. VI.

     Senti, e ’l caldo vapor; senti passarlo
     1395Per l’oro, e per l’argento, allor ch’avvinci
     Con man la coppa; e finalmente il suono
     Vola per l’angustissime fessure
     Di ben chiuso edificio: il gel dell’acque
     Penetra, e delle fiamme il tenue spirto,
     1400E de’ corpi odorosi, e de’ fetenti
     L’alito acuto; anzi del ferro stesso
     Non curar la durezza, e penetrarlo
     Suol là, ’ve d’ogn’intorno il corpo è cinto
     Di fino usbergo, il contagioso morbo,
     1405Bench’ei venga di fuori: e le tempeste
     Insorte in terra, in ciel fuggon repente
     Dalla terra, e dal ciel; che nulla al mondo
     Può di non raro corpo esser contesto.
     S’arroge a ciò, che non han tutti un senso
     1410I corpi, che vibrati esalan fuori
     Da sensibili oggetti; e che non tutte
     Pon le cose adattarsi a un modo stesso.
Primieramente il sol ricoce, e sforza
     La terra a inaridirsi, e pure il sole
     1415Dissolve il ghiaccio, e l’altamente estrutte
     Nevi co’ raggi suoi su gli alti monti
     Rende liquide, e molli: al fin la cera,
     Esposta al suo vapor si strugge, e manca.
     Il foco similmente il rame solve,
     1420E l’oro, e ’l fa flussibile; ma tragge