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132 di Tito Lucrezio Lib. VI.

     1340Cinque vederne, e più con ordin certo
     Disposti esser da lieve aura agitati;
     Qualor questo da quello a lei di sotto
     Congiunto pende; e quel da questo i lacci
     Riconosce, e il vigor dal nobil sasso:
     1345Tanto la forza sua penetra, e vale.
Ma d’uopo, è, che in materie di tal sorta,
     Pria che di ciò, che si propose, alcuna
     Verisimil ragion possa assegnarsi
     Sian molte cose stabilite e ferme;
     1350E per troppo intrigate, e lunghe vie
     Giungervi ne convien. Tu dunque attente
     Con desioso cor porgi l’orecchie.
Primieramente confessar è d’uopo,
     Che da ciò, che si vede, alcuni corpi
     1355Spirin continuo, e sian vibrati intorno,
     I quai gli occhi ferendone, la vista,
     Sian atti a risvegliarne; e, che da certe
     Cose esalin per sempre alcuni odori;
     Qual dal sole il calor, da’ fiumi ’l freddo,
     1360Dal mare il flusso, ed il reflusso edace
     Dell’antiche muraglie a i lidi intorno:
     Nè cessin mai di trasvolar per l’aure
     Suoni diversi; e finalmente in bocca
     Spesso di sapor salso un succo scende,
     1365Quando al mar siam vicini; ed all’incontro
     Riguardando infelici il tetro assenzio