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di Tito Lucrezio Lib. VI. 127

     1205Per gli aperti del ciel campi patenti.
     Tal denno anche a gli augelli i luoghi averni
     Tramandar la mortifera possanza,
     Che spirando dal suol nell’aure molli
     Sorge, e il ciel di se stessa infetto rende
     1210Da qualche parte; ove non prima è giunto
     L’augel, che dal non visto alito grave
     D’improvviso assalito il volo perde,
     E tosto là, dove la terra indrizza
     Il nocivo vapor, cade, e caduto
     1215Che v’è, quel rio velen da tutti i membri
     Toglie del viver suo gli ultimi avanzi:
     Poichè quasi a principio un tal fervore
     Eccita, onde avvien poi, che già caduto
     Ne’ fonti stessi del velen, gli è forza
     1220La vita affatto vomitarvi, e l’alma;
     Conciossiachè di mal gran copia ha intorno.
Succede anche talor, che questo stesso
     Violento vapor de’ luoghi averni
     Tutto l’aer frapposto apra, e discacci;
     1225Sicchè quindi a gli augei tosto rimanga
     Vuoto quasi ogni spazio: ond’ivi appena
     Giungon, che d’improvviso a ciascun d’essi
     Zoppica delle penne il vano sforzo,
     È il dibatter dell’ali è tutto indarno.
     1230Or qui, poich’è lor tolto ogni vigore
     Dell’ali, e sostenersi omai non ponno,