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di Tito Lucrezio Lib. VI. 119

     Agitata tremar posse la terra,
     990E per l’ampio suo dorso, e sovra l’onde
     Scorrer rapido turbine, e ruttare
     Foco l’etnea montagna, e fiammeggiante
     Mirarsi ’l ciel. Che ciò ben anche avviene
     Spesso, e gli Eterei templi arder fur visti;
     995E di pioggia, o di grandine sonante
     Torbido nembo atra tempesta insorge
     Lì, ’ve da fiero turbo i genitali
     Semi dell’acque trasportati a caso
     Insieme s’adunar. Ma troppo immane
     1000E’ il fiero ardor di quell’incendio. Un fiume,
     Ancorchè in ver non è, par nondimeno
     Smisurato a colui, che alcuno innanzi
     Maggior mai non ne vide, e smisurato
     Sembra un albero, un uomo; e in ogni specie
     1005Tutto ciò che ciascun vede più grande
     Dell’altre cose a lui simili, il finge
     Immane, ancorchè sia col mar profondo,
     Con la terra, e col cielo appo l’immensa
     Somma d’ogni altra somma un punto, un nulla.
1010Or come dalle vaste etnee fornaci
     D’improvviso irritata in aria spiri
     Nondimen quella fiamma, io vo’ narrarti.
Pria, tutto è pien di sotterranei, e cavi
     Antri sassosi ’l monte, e in ognun d’essi
     1015Chiuso senz’alcun dubbio è vento, ed aria;


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