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118 di Tito Lucrezio Lib. VI.

     Fissar gli occhi altamente, e d’ogn’intorno
     Distender lungi in ampio giro il guardo;
     Onde poi ti sovvenga esser profonda
     965La somma delle cose; e vegga, quale
     Picciolissima parte è d’essa un cielo.
     E qual di tutto il terren globo un uomo.
     Il che ben dichiarato, e quasi posto
     Innanzi a gli occhi tuoi, se ben lo miri,
     970E ’l vedi, cesserai senz’alcun dubbio
     D’ammirar molte cose. E chi di noi
     Stupisce, se alcun v’ha, che nelle membra
     Nata da fervor caldo ardente febbre
     Senta, o pur qualsivoglia altro dolore
     975Da morbo cagionatogli? Non torpe
     All’improvviso un piè? Spesso un acerbo
     Duolo i denti non occupa, e negli occhi
     Stessi penètra? Il sagro foco insorge,
     E scorrendo pe ’l corpo arde qualunque
     980Parte n’assale, e per le membra serpe;
     E questo avvien, perchè di molte, e molte
     Cose il vano infinito in se contiene
     I semi, e questa terra, e questo stesso
     Ciel ne porta a bastanza, onde ne’ corpi
     985Crescer possa il vigor d’immenso morbo.
     Tal dunque a tutto il cielo, a tutto il nostro
     Globo creder si dee, che l’infinito
     Somministri a bastanza, onde repente