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di Tito Lucrezio Lib. VI. 117

     935Al fin perchè la terra è di sostanza
     Porosa, e cinge d’ogn’intorno il mare
     Indissolubilmente a lui congiunta,
     Dee, siccome l’umor da terra scende
     Nel mar, così dalle sals’onde in terra
     940Penetrar similmente, e raddolcirsi:
     Perch’egli a tutt’i sotterranei chiostri
     Vien largamente compartito, e quivi
     Lascia il salso veleno; e ancor di novo
     Sorge in più luoghi, e tutto al fin s’aduna,
     945De’ fiumi al capo, e in bella schiera, e dolce
     Scorre sopra il terren per quella stessa
     Via, che per se medesma aprirsi ’n prima
     Potèo co ’l molle piè l’onda stillante.
Or qual sia la cagion, che dalle fauci
     950D’Etna spirin talor con sì gran turbo
     Fochi, e fiamme, io dirò: che già non sorse
     Questa. di tetro ardor procella orrenda
     Di mezzo a qualche strage, e le campagne
     Di Sicilia inondando, i convicini
     955Popoli sbigottiti a se converse;
     Quando tutti del ciel vedendo i templi
     Fumidi scintillar, s’empiano il petto
     D’una cura sollecita, e d’un fisso
     Pensiero, onde temean ciò che natura
     960Macchinasse di novo a’ danni nostri.
     Dunque in cose sì fatte a te conviene


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